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15 febbraio 2007
Frammenti (come eravamo 2005)
Prologo

L’auto scivola veloce nella notte. Una notte con poche stelle e una luna circondata da aloni che promettono pioggia.
L’uomo cambia marcia con una mossa brusca del polso, imbocca una curva a forte velocità e fatica a tenere il controllo.
La donna accanto non se n’e è neppure accorta.
Si tormenta le mani, girando incessantemente un piccolo gioiello incastonato al dito. È una pietra blu con degli strani riflessi argentati.
L’uomo sembra concentrato sulla guida adesso, forse ha avuto paura di finire fuori strada.
Una scena comune. Un uomo, una donna, un auto.
Niente di strano visto da fuori.
Normale scorcio di vita…

Silenzio.
L’unica cosa che sento.
Anzi No.
Buio.
Avverto anche il buio.
Una mano si muove piano, con grande sforzo e va a sfiorare il volto: la linea del mento, poi le labbra, la curva del naso per salire su fino alla fronte.
Non ho bende sugli occhi. Però è buio lo stesso.
Non devo avere paura. Me l’avevano detto (almeno mi sembra) che sarebbe successo.
Respira piano e non avere paura.
Si, sono quasi sicura che mi hanno detto questo.
Forse mi sono svegliata prima del previsto, ed è per questo che non c’è nessuno accanto a me.
Si, deve essere proprio per questo.
Cerco di calmarmi e prendere confidenza con l’ambiente che mi circonda.
Muovo di nuovo le mani: salgono sulle pieghe della coperta, poi sulla rovescia del lenzuolo. Mi sembra tutto a posto.
Allungo un braccio e mi consola sentire il freddo marmo del comodino.
Sono dove devo essere.
Solo un po’ in anticipo.
La paura si apparta lasciando il posto all’attesa.
A minuti arriverà qualcuno, devo solo stare calma e aspettare.
Magari mi rimetto a dormire. Meglio riposare ancora.

Gli occhi azzurri, di mare profondo, di cieli mai immaginati, osservano al di là della vetrata. Fissi, sul volto tirato, quasi spariscono dentro il nero delle occhiaie, fino a confondersi con esse.
Ci sono fiori nel giardino, e un sole tiepido da primavera inoltrata si impegna a scaldare l’aria. Si sente un impercettibile tepore attraversare i vetri.
Le dita si allargano appena a coglierne un raggio o forse una violetta (sono o non sono le prime a fiorire?), ma la trasparenza le ferma.
Ci sono delle persone, le nota solo adesso con un certo stupore. Tutte lì intorno ad aspettare che si affacci.
Vestite di bianco come ad una festa, e tutte sorridenti.
Aspettano, ma lui non uscirà.
Non ancora.
Gira le spalle al brusio di voci e torna a fissare il vuoto.


Parole.
Ora sento delle voci.
Strano che siano così lontane, ovattate.
Non sono nitide, anzi sembrano confuse. Prive di significato.
Devo essere ancora sotto l’effetto dei sedativi.
Voglio svegliarmi, ma non riesco.
Che strana impressione: il mio corpo e la mia mente sembrano entità separate.
Scollegate.
Indipendenti.
Posso solo aspettare, anche se questo non me lo aveva spiegato nessuno. Sono certa che è un effetto collaterale transitorio.
Andrà bene. Andrà tutto bene.
Mi allontano un attimo, per riposare ancora.


Mi manchi, non andare, non farlo.”
Mi sento stupido a stare qui ad osservare incapace di fare qualsiasi cosa. Guardare il vuoto non è una soluzione e neanche una scelta. Perché lo faccio? Non ha risposte questo muro come non ha domande. Mi rimbalza le parole dalla mente alla mente.Pensieri che si accavallano senza motivo, con mille motivi. Ricordi ormai inutili, come braccia abbandonate, come il sorriso stupido e vuoto, maldestro dipinto su volto, conosciuto eppure estraneo.
Il mio, il tuo…e altri, altri che guardano la mia schiena e attendono che io mi offra a loro come un agnello sacrificale.
Ma non lo farò.
Tu mi capisci vero? Non posso farlo, non ancora.
Esco dal retro con una sigaretta spenta tra le mani, mentre un fuoco freddo arde e consuma quel poco che rimane di me.
Mi cerco, ti cerco…

Luce.
Adesso vedo una luce.
E’ troppo forte, mi ferisce gli occhi.
Devo richiuderli subito, non la sopporto.
Strano…sono già chiusi.
Però la luce c’è. Io la vedo e mi infastidisce.Quasi come il buio.
Forse sto dormendo. Forse sto ancora sognando.
Voglio sedermi.
Ci riesco, anche se sono debole e la testa mi gira.
La luce c’è ancora, anzi è più forte di prima.
Mi dovrò abituare.
Qualcuno deve avermelo detto.
Però non dovevo essere sola adesso.
Sbaglio sempre il momento per fare le cose.
Tutte le cose.
Sempre.

Non avevo mai notato che ci fosse un lago qui. Pensare che ci sono venuto decine di volte ultimamente. Magari è profondo abbastanza da pescarci qualcosa. Che cretino sono, guarda cosa mi viene da pensare…ai pesci.
Forse è meglio però, così smetto di girare intorno a me stesso e a te. E magari mi ricordo che sono vivo, nonostante tutto. Almeno mi sembra. E magari allontano il ricordo…il rumore della morte (la morte ha un suo suono lo sapevi? Un suono cupo e musicale, come il pifferaio della favola, che ti stordisce e ti porta lontano. Se la segui…)
Era quello che cercavi no? Il nulla, l’oblio, il vuoto. Non era difficile infine…il bianco di una siringa il rosso del sangue. Tutto qui. Getto un sasso nell’acqua verde e stagnante e mi perdo nei cerchi concentrici, come mi sono perso nella vita.

Ho paura, una paura folle.
Chissà se è come l’ho immaginato?
O come mi hanno raccontato?
E il tormento più grande: sarò capace?
Dicono che tutti ci sono riusciti, chi meglio, chi peggio.
Ci riuscirò anch’io.
Anche se sono sola.
Anche perché non ho scelta.
Un respiro profondo: contorni sfumati di grigio, di bianco.
Sagome indistinte.
Ombre.
Luci. Ancora luci.
Eppure ho gli occhi chiusi.

Epilogo

L’auto è ferma sul ciglio della strada, l’abitacolo vuoto, gli sportelli aperti in attesa di accogliere qualcuno, o qualcosa.
Sembra sorridere (se potesse lo farebbe davvero) mentre gli abbaglianti illuminano a giorno una striscia di buio.
 
posted by Daniela at 23:22 | Permalink | 1 comments
01 febbraio 2007
ostinato amore
L’ho visto fare in piedi.
Al buio.
In macchina.
In una toilette
.Ho visto consumarlo in fretta…
Come una tazza di caffè.
Ho visto darlo via.
Così, senza poesia.
Triste, malato e giù…
Da non poterne più.
Provato dal dolore,rassegnato, era li…
Aspettando in silenzio,
di morire così.
L’ho visto. Giuro…Io, l’ho visto!!!
Ostinato amore che
Non ti dai per vinto mai.
Prova ancora perché sai,
di quella bomba sei, più forte tu!
Aspettiamo ancora un po’.
Se sia tardi… non lo so.
Qualcuno vedrai si pente.
Non può fare senza te!
Ti cercheranno fra la gente
C’è chi ti ritroverà
Ti riconoscerà
Amore, finché vuoi,
finché resisti tu…
Rimani dove sei…
Non te ne andare più!
Io ti difenderò.
A nutrirti, sarò io!
Tu sopravviverai,
disperato amore mio!
Ce la farai
Tu esisterai con me
Ostinato amore mio!

Renato Zero
 
posted by Daniela at 21:46 | Permalink | 0 comments
il perdono
Cosa è il perdono?
Quello che nasce spontaneo dal cuore
Che ti fa pregare per chi ti ha odiato
Per chi ti ha mancato rispetto
E ha usato la sua cattivera
Per colpirti a fondo.

Io no
Io non posso

Ma tu
Tu
Non conosci il male
I tuoi occhi stanchi
Vedono ben oltre
Vedono luoghi che noi
Sciocchi vedenti
Non sappiamo più neanche immaginare.

Io no
Io non sempre so ascoltare il cuore

Ma tu
Tu riesci a dar voce
A quei sentimenti
Che troppo spesso ignoriamo.

La pietà
Il perdono
Una lacrima
Un saluto

Pur da lontano
Oggi mi hai insegnato qualcosa
E spero di farne tesoro.

Un abbraccio
 
posted by Daniela at 21:15 | Permalink | 1 comments